Basket / Serie A
Estra Pistoia, la situazione richiede già una bacchetta magica?
Contro l’Olimpia sono state messe in mostra le fragilità dell’Estra Pistoia e dell’intera piazza. Così la salvezza diventa un’impresa
Tagliamo subito corto e diciamoci la verità nuda e cruda: quella tra Estra Pistoia e Olimpia Milano è stata una non-partita per larghi tratti. Soprattutto nel secondo tempo, ovvio, ma anche nella prima parte di gara l’impressione è stata quella di una squadra, i padroni di casa, incapace di arginare gli attacchi avversari, qualsiasi fossero gli uomini messi in campo da coach Messina. Che si trattasse di Mirotic e Brooks (un campione e un futuro crack a livello europeo) o di Ricci e Tonut (comunque perni della Nazionale), poco è cambiato.
Pistoia ha confermato di avere tanto talento in attacco quanto scarsa attitudine difensiva. In modo inversamente proporzionale. A ben poco è valsa, ancora una volta, una discreta prova al tiro dei singoli a fronte dei 52 punti subiti nel primo tempo. L’unica differenza con le altre sfide è che davanti c’era l’Olimpia Milano, probabilmente l’unica nel campionato italiano ad avere una potenza di fuoco tale da potersi addirittura superare nel secondo tempo con ben 63 punti. Il tutto, ovviamente, se dall’altra parte c’è un’avversaria che non trova mai continuità nella propria metà campo e raramente riesce a bloccarne le trame offensive. Contro una tale corazzata, è risaputo, anche la partita perfetta sarebbe potuta non bastare. E quella dell’Estra difficilmente si avvicina al mediocre.
UN’ESTRA DI CRISTALLO
Coach Gasper Okorn, ben prima del suo debutto ufficiale, ha sottolineato le carenze insite nel roster, oltre alla difficoltà del momento in generale in quel di Pistoia. Da esperto uomo di campo ha accettato di arrivare in corsa in un contesto estremamente problematico, prendendo una squadra che non ha mai vissuto e non si è mai riconosciuta come tale. La storia dello sport è piena di rimonte al limite dell’impossibile in situazioni disperate e spesso il volto di tali imprese è quello dell’allenatore. Okorn potrà esserlo solo se tutto l’ambiente, in particolare squadra e dirigenza, sposerà in toto le sue idee e la sua cultura lavorativa.
Anche perché il coach sloveno ha immediatamente individuato non solo le carenze più evidenti, ma pure quelle maggiormente complesse a livello tecnico-tattico. Basti pensare a Karlis Silins e Michael Forrest. Il lungo lettone, col passare delle settimane, è passato dall’essere uno dei punti di forza dell’Estra Pistoia a rappresentarne uno dei più palesi problemi. Nella posizione di pivot titolare, i suoi limiti sono emersi ancora di più: patisce qualsiasi tipologia di lungo, i compagni sono spesso costretti ad aiutarlo smarcando dunque un altro avversario e a rimbalzo ha confermato di avere scarso senso della posizione.
La stessa cosa si può dire per l’attuale miglior realizzatore della squadra. Forrest ha compiuto un lavoro encomiabile in questi mesi: lui e Christon si sono presi sulle spalle la squadra imparando a coesistere. E non si può neanche negare al numero 11 biancorosso un certo impegno in difesa, che insieme alla regia rimane un suo tallone d’Achille. Questo per dare una panoramica complessiva, seppur affatto idilliaca, del cristallo che coach Okorn dovrà maneggiare ed aggiustare. Una situazione che, per essere risolta, a questo punto arriva a richiedere l’uso di una bacchetta magica, sempre che l’attuale allenatore dell’Estra se ne sia portata una dalla Slovenia. L’ingresso di Derek Cooke, infatti, sarà un primo passo, non la panacea da tutti i mali. E, detto questo, chi scrive spera davvero di essere smentito.
UN AMBIENTE DIVISO
Anche perché, se c’è stata una vera partita al PalaCarrara, quella è andata in scena sugli spalti. Il ritorno al proprio posto della Baraonda Biancorossa dopo le polemiche delle precedenti settimane ha trasformato presto il sold out di Pistoia-Milano in qualcosa che poco aveva a che fare con l’atmosfera che si sarebbe voluto respirare. La tifoseria organizzata lo aveva premesso: sarebbe tornata per tifare ma anche per contestare. Questo è il ruolo che da sempre questi gruppi hanno nella vita sportiva dei club d’appartenenza e possono essere giudicati soltanto nei modi e nelle azioni, non per il principio in sé.
La Baraonda da parte sua ha dimostrato coerenza, anche nei nomi oggetto della contestazione. I modi e le tempistiche, appunto, possono invece essere oggetto di civile discussione. Ma in questa specifica situazione c’è qualcosa di più. Dopo lo striscione in cui il gruppo di supporters biancorossi si è velatamente espresso nei confronti di una già citata e ben chiara figura dirigenziale, durante il secondo quarto è partito, altrettanto cristallino, il coro contro il presidente Ron Rowan. Un concetto, anche questo, già espresso, che però ha provocato una reazione contraria (fischi di disapprovazione) proveniente dalla Tribuna.
Come se non fossero bastate quelle in campo, adesso le fragilità si sono esposte anche in tutta la piazza. Una piazza divisa, non in due ma in tre fazioni distinte. Chi contesta i vertici del club auspicandone le dimissioni e una nuova messa in vendita della società, chi allo stesso modo non ne apprezza le scelte ma teme che un loro addio rappresenti la fine del movimento cestistico pistoiese e chi invece appoggia incondizionatamente l’attuale operato. Il tutto, come lungamente detto prima, mentre l’Estra Pistoia annaspa e vede palesarsi lo spettro dell’A2, con Napoli e Cremona che adesso sono ad un passo dal mettere la freccia. Aldilà delle convinzioni e delle prese di posizione, ci si può salvare così? Sicuramente presto non si potrà più dire che non è troppo tardi.