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Basket / Serie A

Estra Pistoia, l’unica cosa che si può ancora salvare è la faccia

Il ko con Sassari spalanca le porte dell’A2 per l’Estra. Alla squadra non resta che onorare il campionato, mentre il club deve pensare al futuro

«Siamo una squadra di professionisti e dobbiamo finire la stagione da professionisti», aveva detto coach Gasper Okorn alla vigilia di Estra Pistoia-Sassari. Poco più di 24 ore dopo ciò che rimane in mano al popolo biancorosso è un 63-86 subito da un’avversaria, la Dinamo appunto, presentatasi al PalaCarrara senza avere più niente da chiedere al campionato. E a rendere ancora più affossante una già deprimente domenica (dopo averne vissute diverse), ecco il 56-111 alla voce valutazione. Un confronto, all’apparenza, tra squadre separate da almeno due categorie: numeri da scrimmage di pre-season. E invece siamo alla fine: dissolvenza in nero e titoli di coda pronti a scorrere.

Come già successo con ben più quotate avversarie, anche ai sardi di Massimo Bulleri è bastato accendere un interruttore e piazzare il parzialone nel terzo quarto che ha chiuso definitivamente e in anticipo i giochi. In quel momento un’Estra Pistoia apparsa comunque sul pezzo nei primi 20′ è crollata nuovamente sotto il peso dei propri limiti oggettivi ma anche dell’assenza di un qualsivoglia spirito combattivo. E, facendo dei doverosi distinguo, anche a causa dell’imbarazzante mollezza di un preciso nucleo di giocatori. Quelli che, nel post-partita, coach Okorn ha messo di fronte alle proprie responsabilità. Perché, dalla sosta in poi, non si è più trattato di vincere o di salvarsi, ma di dare tutto il possibile.

ORGOGLIO E RABBIA

Potrà apparire masochistico ma è bene ritornare su alcuni dati statistici. L’Estra ha tirato con 7/30 da dietro l’arco, ha avuto in Lorenzo Saccaggi il miglior realizzatore di giornata (con 14 punti) e, cosa ancora più clamorosa, in Derek Cooke il miglior giocatore per valutazione (10). Il tutto a fronte di un Banco di Sardegna che è stato tutto tranne che trascendentale nella metà campo offensiva (8/25 da tre). Una questione di qualità, senza dubbio, ma può davvero essere solo questa la motivazione? Anche perché altrimenti sarebbe difficile spiegare anche il 3/12 dalla linea dei 6,75 di Michael Forrest, che prima della sosta andava a segno col 45.7% ed era uno dei migliori della Serie A in queste percentuali.

La maggiore pressione dagli esterni avversari, poi, non può bastare come scusante visto che il numero 11 biancorosso ha comunque avuto la possibilità di costruirsi e prendersi tiri aperti. Così come appare evidente che gli attuali Eric Paschall e Derek Cooke servano a poco o nulla: il primo non ha più messo il suo talento a disposizione dei compagni per aiutarli a rimanere in scia, mentre il secondo non sembra in grado di assicurare neanche quel pur minimo lavoro sotto canestro che consenta all’Estra di non soffrire eccessivamente gli schemi avversari e la lotta a rimbalzo. Insomma, se ad una coperta corta tagli ulteriori centimetri, il risultato è che rimani esposto.

E con un Kadeem Allen che difficilmente ritroverà la miglior forma entro la fine, un Maurice Kemp i cui tempi di recupero rimangono incerti e un Vincent Valerio-Bodon che arriva fuori tempo massimo, a Pistoia rimane solo l’orgoglio e la rabbia del gruppo italiano. Due cose viste, a livello di collettivo, solo a Napoli e in parte contro Brescia, prima che questa squadra prendesse coscienza che, comunque, non c’era più nulla da fare. Anche perché, dopo lo scivolone dei partenopei, nessun’altra squadra avrebbe accettato di fare una così fragorosa figuraccia. Questo doveva essere chiaro anche all’Estra, cui era necessario comprendere un solo concetto: da allora in avanti sarebbe contato solamente l’atteggiamento e non il risultato. E invece, evidentemente, non è stato così.

RIMPIANTI E FUTURO

Ovviamente nella storia è il risultato sportivo a restare, mentre l’atteggiamento passerà col tempo sempre più in secondo piano. I modi e le modalità, poi, saranno certamente utili al racconto. Risultano invece totalmente estemporanee le elucubrazioni “col senno di poi”, tra timeline alternative e sliding doors. Invece di sprecare tempo nel chiedersi cosa sarebbe stato con un altro presidente o con un Maverick Rowan già tagliato a dicembre, o se la tripla di Miaschi non fosse andata a segno, occorrerà piuttosto chiedersi quanto poco sarebbe bastato per salvarsi in questo campionato.

Ancora oggi, mentre prendiamo atto della sempre più certa retrocessione dell’Estra, la lotta salvezza vede le varie Napoli, Cremona, Varese e Scafati darsi a turno la zappa sui piedi. Un quadro “tafazziano” nella sua tragicomicità in cui i biancorossi avrebbero potuto benissimo, a cose normali, giocarsi importanti chances di salvezza. Sempre che, di cose normali, si sarebbero prima o poi viste in quel di via Fermi. Un bel “se”, è indubbio, quasi quanto il fatto che salvarsi quest’anno era tutt’altro che un’impresa, giocando per così dire ad armi pari. E gli scontri diretti a favore dei biancorossi stanno lì a darne conferma.

Adesso non resta che affrontare le rimanenti gare (a partire dalla prossima terribile triade Olimpia-Virtus-Reyer) con l’unico obiettivo di salvare la faccia. Spetterà farlo alla squadra e in particolare ad alcuni giocatori già citati, ma anche alla proprietà del club. Pensare che basti l’allontanamento di Ron Rowan, dopo avergli permesso di fare il bello e il cattivo tempo per mesi, sarebbe l’ennesimo errore di questa stagione. La consapevolezza, almeno da parte della dirigenza, deve essere quella di chi sa che il presente è già passato e che il futuro è già oggi. C’è un debito da ripianare, un ambiente da ricomporre e un nuovo inizio da progettare e programmare con cura. Questa è l’unica cosa che oggi interessa a coloro che hanno a cuore le sorti del Pistoia Basket.

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